Shadowbox Effect
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                                                         La difficoltà non sta nel credere nelle nuove idee, ma nel fuggire dalle vecchie.
                                                        John Maynard Keynes
 
                              

Almaviva, salvi i lavoratori di Roma?

Unknown | 01:38 | 0 commenti

impreseLa proprietà Almaviva Contact insieme alle segreterie nazionali e le organizzazioni sindacali territoriali, sottoscrivono il 16 ottobre 2012 un'ipotesi di accordo, alternativa all'originale proposta il 28 agosto u.s. riguardo la cessazione attività sul sito Romano di via Lamaro della società di call center.
Originariamente l'accordo proposto da Almaviva alle rappresentanze sindacali riguardava una cassa integrazione per cessazione attività, adducendo la scarsa produttività del sito Romano, l'originaria proposta venne respinta su forte pressione dei lavoratori che attribuivano tale scelta aziendale a necessità economiche e sgravi presenti in altre regioni piuttosto che il rendimento dei lavoratori in sito.
Questa seconda proposta (allegata) in breve prevede gli stessi punti della prima: formazione, riqualificazione, monitoraggio del lavoro, l'unica differenza sta nelle modalità di presentazione della cassa integrazione che da cessazione attività diventa riorganizzazione aziendale.
Questi in pillole i fatti.
IlPunton
Noi di ASI vorremmo però porre l'attenzione su almeno un paio di punti.
Innanzitutto molti lavoratori interessati dalla procedura di cassa integrazione hanno preso per buona tale operazione mentre in realtà così non è, la cassa integrazione di qualsiasi tipo richiesta dall'azienda deve necessariamente passare al vaglio del Ministero del Lavoro che accerta l'effettiva necessità di tale ammortizzatore sociale, valutando le motivazioni e gli scopi.
In fase di trattativa sindacale, le rsu rivestono oltre che una funzione rappresentativa dei lavoratori, anche una funzione preliminare di controllo sulle richieste aziendali, verificandone la fattibilità, la necessità e la buona fede nella richiesta avanzata, assunto questo, presentare presso il ministero del lavoro una richiesta aziendale di cassa integrazione avallata dalla firme delle rsu, è (o dovrebbe essere) sintomatico del fatto che tale richiesta gode di tutti i principi di necessità, correttezza dei quali abbiamo accennato.
In definitiva se azienda e sindacati stabiliscono che bisogna ricorrere alla cassa integrazione per il ministero così è, punto.
Diverso il ragionamento se la richiesta di cassa integrazione proviene unilateralmente dall'azienda presso il ministero del lavoro, in buona sostanza prima di concedere l'utilizzo dei fondi messi a disposizione dal ministero per gli ammortizzatori sociali, il ministero non ravvisando una richiesta congiunta (azienda/sindacati) procede ad effettuare tutta una serie di controlli e confronti per appurare se l'effettiva richiesta ha carattere necessario e documentato, o se in definitiva è insussistente.
Abbiamo assistito in questi giorni ad una presa di posizione da parte delle rsu riguardo tale argomento, dove (e anche noi di ASI la pensiamo allo stesso modo) veniva spostata parte della produzione aziendale su altre sedi, economicamente più convenienti, disattendendo quindi la motivazione principale di scarsa produttività del sito.
Rimaniamo quindi, stupefatti di fronte al fatto che le organizzazioni nazionali, si sovrappongano al volere dei lavoratori, decisi fino in fondo a portare avanti una lotta che riconoscesse loro l'assoluta estraneità ai fatti contestati dall'azienda, sottoscrivendo un'ipotesi di accordo che ricalca in toto l'originaria, aggiustando esclusivamente il tiro (dimostrazione di infondatezza) sulla definizione e modalità di attuazione di cassa integrazione.
Ad oggi ASI non è presente sul sito Romano Almaviva Contact, quindi la nostra analisi non può scendere nel dettaglio delle dinamiche aziendali e sindacali sul territorio, ma di una cosa siamo certi, non si può continuare a giocare sulla pelle dei lavoratori; bisogna avere chiaro che il lavoratore è una risorsa non un peso, e sulla base di questo semplice postulato non è ammissibile continuare ad infierire psicologicamente ed economicamente sulle spalle di una generazione che considera un lavoro part-time retribuito a 600 euro al mese (bene che vada), come unica risorsa per sostentarsi ed in molti casi sostenere anche figli e coniugi.
Questo non è il paese che vogliamo.

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